SU ROSARIU DE SUNE  

 

LA SETTIMANA SANTA

 

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L'organizzazione della settimana santa a Suni è curata dalle due Confraternite, quella del Rosario e quella di S. Croce in collaborazione con la Parrocchia.

L’espressione più alta di fede popolare si può ritrovare a Suni, come in quasi tutta la Sardegna, nelle varie celebrazioni che hanno come teatro la Settimana Santa. In questo tempo tutto è tradizione e tutti i gesti, le usanze, i riti si ripetono ogni anno incessabilmente in un’atmosfera di magia e teatralità.

I suggestivi riti della Settimana Santa, nei quali liturgia e tradizione si fondono in un magico tutt’uno, rappresentano il centro dell’anno liturgico della Santa Chiesa Cattolica e sottolineano l’importanza che il mistero pasquale ha assunto nella vita dei cristiani.

Tutto, in questa settimana, richiama al raccoglimento interiore, al pentimento, all’osservazione attenta e silenziosa della passione di Cristo, tutto conduce il credente ad un cammino di purificazione che preannuncia il momento glorioso della risurrezione, quando tutto sembra assieme al Salvatore risvegliarsi in un’atmosfera gioiosa e piena di luminosità.

Centro di questa settimana, che ha inizio con la Domenica delle Palme, è il Sacro Triduo Pasquale del Cristo morto, sepolto e risorto che ha origine dalla liturgia di Gerusalemme in cui in questi giorni si celebrava ininterrottamente la Passione del Signore con riti itineranti nei luoghi che ne sono stati teatro.

Nel corso dei secoli la liturgia ha subito non pochi mutamenti che hanno portato nel 1955 all’attuazione della “riforma della Settimana Santa” che riportò le celebrazioni alla “veritas horarum” ripristinando le ore pomeridiane e notturne (che erano state precedentemente abolite) e cercò di mettere in risalto e di privilegiare gli elementi originali del rito, per renderlo più significativo, adattandolo alle condizioni di vita della società attuale ed alle situazioni locali.

Ed è proprio in queste realtà locali che nei secoli si sono generati ed hanno assunto rilievo i riti a carattere devozionale legati alle tradizioni popolari, espressione del popolo semplice, della gente comune che si lega a Dio tramite usanze e liturgie che non sempre sono parallele a quelle ufficiali della Chiesa, ma di queste diventano il completamento naturale che le rende più suggestive e soprattutto più vicine ai fedeli.

Lo stesso Concilio Vaticano II con la nuova nozione di “pietà popolare” accetta le nuove forme di religiosità del popolo definendole come espressione chiara della fede dei semplici. Questa fede si realizza a Suni, come in molte realtà sarde, durante la Settimana Santa con una molteplicità di cerimonie rituali residui di riti ancestrali ricchi di sentimento e devozione.

L’inizio di queste celebrazioni pasquali a Suni si può far risalire probabilmente alla fine Seicento e inizi del Settecento (non abbiamo documenti certi in proposito ) e fin da allora dovette essere il gran concorso popolare a farli elevare quasi al livello della liturgia ufficiale. 

DOMENICA DELLE PALME:

La Domenica delle palme è il giorno in cui la Chiesa celebra il trionfale ingresso di Gesù in Gerusalemme accolto da folle osannanti con rami di palma e d’ulivo.

Sopravvive ancora, a Suni, l’usanza di intrecciare i rami più teneri delle palme (quelli più interni) per formare autentici capolavori con diverse forme e fantasie.

Le palme e i rami d’ulivo (a cui vengono attaccate piccole croci di palma) vengono preparate dai confratelli una settimana prima (“chida ‘e prammas”) e vengono poi benedette la mattina de “Dominiga ‘e prammas” prima della S.Messa.

La benedizione avviene nella chiesa di S.Pancrazio (sede della Confraternita di S.Croce) che da questo momento diventerà centro, assieme alla Parrocchia, di tutta la Settimana Santa. Dopo la cerimonia benedizionale ci si reca in processione alla chiesa parrocchiale per assistere alla Santa Messa.

Alla sera, poi, si svolge, oggi nella chiesa dei S.S. Cosma e Damiano, la tradizionale predicazione sul giudizio universale (“Su giudiziu universale”): il primo sermone di tanti che si effettuaeranno nei giorni a seguire. Ottimo punto di partenza: il tema della fine dei tempi, per cui tutti per essere salvati dobbiamo pentirci, fa entrare ufficialmente i fedeli nell’atmosfera della settimana impregnata di silenzio, raccoglimento e preghiera.

 

LUNEDI’, MARTEDI’ E MERCOLEDI’ SANTO:

In questi giorni, oltre ai riti legati alla liturgia ufficiale, non si hanno altre celebrazioni. In passato (fino agli anni Cinquanta) si svolgevano le cosiddette “preigas” in sardo che preparavano i fedeli alla confessione.

Sono giorni, quelli che precedono il Triduo Pasquale, di intensi preparativi da parte dei confratelli che si recano in campagna e negli orti del paese per raccogliere i fiori e l’issopo che serviranno per “sa leterna” del Cristo.

 Il letto del Cristo che si utilizzerà il Venerdì Santo per s'iscravamentu è infatti da secoli preparato alla stessa maniera secondo liturgie immutate, ricche di simbolismo. Il mercoledì mattina i confratelli si recano in campagna per raccogliere s'alchimissa, la lavanda selvatica, e l'issopo, e negli orti del paese a raccogliere le violette ed il semprevivo.

Alla sera inizia la composizione dei mazzetti che si protrae fino al giovedì mattina.

Ogni mazzetto deve contenere per regola all'interno un ramo di issopo inserito nel semprevivo ed intorno le violette, il tutto viene chiuso con una corona di lavanda selvatica. Il venerdì mattina poi il letto verrà preparato con i metodi della tradizione.

     

Fiori utilizzati per la composizione dei mazzetti: issopo, lavanda selvatica, violette e semprevivo.

   

Alcuni momenti della preparazione dei mazzetti.

    

Una foto d'insieme dei mazzetti e i momenti della composizione del letto del Cristo.

GIOVEDI’ SANTO:

 

La giornata odierna commemora l’ultima cena di Gesù Cristo con gli apostoli e l’istituzione dell’eucaristia; con la Messa “in coena Domini” si dà inizio al Sacro Triduo Pasquale.

Nella chiesa di S. Pancrazio si celebra nel primo pomeriggio il rito de “s’ultima chena” dove dodici confratelli ed il prete siedono ad un tavolo apparecchiato con vivande che simboleggiano quelle dell’ultima cena di Cristo (erbe amare, vino, pane e i trenta denari, prezzo del tradimento di Gesù).

Di sera si celebra,poi, la S. Messa nella chiesa di S. Maria ad Nives durante la quale il sacerdote lava i piedi di dodici confratelli ( sei di S.Croce e sei del S.S.Rosario ) che rappresentano gli apostoli.

In questa circostanza che rievoca il gesto di Gesù durante l’ultima cena, si fa uso de “sa rughe de issopo” (una croce fatta con rametti di issopo) che il sacerdote appoggerà sul piede del confratello e che bagnerà con un decotto di piante aromatiche (le stesse de “sa letterna”) facendola scorrere come se lo lavasse.

Alla fine della messa il Santissimo viene tolto dal tabernacolo e portato nella cappella (quella del S. Cuore) della reposizione allestita con fiori, ceri e “su nennere” un vaso di pianticelle di grano tenere fatte crescere al buio per tutta la quaresima. Da questo momento in poi la chiesa e il paese rimarranno in silenzio: le campane non suoneranno fino alla notte di sabato (al loro posto, per annunciare le funzioni, si utilizzano “sas matracculas” e “sas ranas” fatte stridere lungo le vie del paese dai chierichetti).

 

 

 VENERDI’ SANTO:

 Il venerdì santo è il giorno più intenso e ricco di celebrazioni della Settimana Santa. In esso non si celebra eucaristia e la liturgia ufficiale vuole la sola cerimonia dell’adorazione della Croce con la comunione dei fedeli (“sa missa fue fue” o “sa missa isbagliada”). La tradizione popolare ha completato con i suoi riti questa celebrazione arricchendola di magia e drammaticità.

La mattina alle undici si parte dalla chiesa di S. Maria ad Nives per la processione de “sas chilcas”: la Madonna addolorata cerca suo figlio nelle vie e nelle chiese del paese per trovarlo, poi, nella chiesa di S. Pancrazio già inchiodato alla Croce. Molto suggestivi sono i canti che si eseguono durante questo rito: la madonna non ha pace e piange alla disperata ricerca di suo figlio:

 

   “Nade si s’amadu meu in custa ruga est passadu”

   ”Cagliadebos creaturas lassade pianghede a mie”.

 

Giunti alla chiesa di S. Pancrazio la Beata Vergine sarà ricoperta da un velo nero e seguirà in silenzio la croce fino alla parrocchia dove avverrà il rito de “s’incravamentu”, la croce verrà innalzata e coperta da un velo nero: tutto è dolore, lutto, raccoglimento e silenzio.

Alla sera dopo “sa missa fue fue” ha luogo “s’iscravamentu” il rito pietoso del discendimento di Gesù dalla croce.

La sacra rappresentazione della deposizione è un rito di grande teatralità, il più sentito dai fedeli che vi accorrono in gran numero. Si tratta di un “rituale extra liturgico” i cui modelli primitivi sono attribuiti agli spagnoli. Inizialmente il dramma sacro era rappresentato in chiesa (che fungeva da teatro) con i dialoghi in volgare o latino e recitato da attori dilettanti che spesso erano i confratelli.

     

Scomparsi i dialoghi oggi “s’iscravamentu” avviene al suono della voce del sacerdote che commenta gli atti di Giuseppe D’Arimatea e Nicodemo rappresentati da due confratelli, uno della Confraternita di S. Croce e uno del S.S. Rosario. I gesti sono lenti e chiari: si toglie prima la corona di spine che viene baciata e presentata al popolo e poi alla Madonna sul cui capo viene posta, così avviene per i chiodi che vengono deposti ai piedi della Beata Vergine.

Il corpo di Gesù, trattenuto da una fascia bianca, “sa fascia”, viene fatto scivolare lentamente dalla Croce al canto dello “Stabat mater”. Dopo essere stato presentato ai fedeli lungo tutta la navata il Cristo viene deposto in “sa leterna” e coperto da un velo nero.

 

“Sa leterna”, letto che accoglie il corpo morto del Salvatore, è particolare: essa è quasi un cuscino di fiori, infatti tutta la cornice di ferro che la circonda è coperta da “sos mazzettos” composti da “alchimissa”(lavanda selvatica), violette, “sempre biu” (sempre vivo) e issopo.

Il significato simbolico di questi fiori è lampante: “s’alchimissa” emana un forte profumo: ecco gli oli profumati con cui fu unto il corpo di Gesù, e così l’issopo, pianta utilizzata dagli ebrei per estrarre l’unguento per i defunti (aloe). L’ issopo ha anche un significato intrinseco legato ad una sorta di rito di purificazione che il popolo compie dinnanzi al Cristo: il salmo 50 “Miserere” recita: “Asperges me hyssopo, et mundabor…” (aspergimi con issopo e sarò mondato…) ecco perché questa pianta è presente in tutte le cerimonie della Settimana Santa: nella croce del lavabo, nei mazzetti che poi ogni famiglia avrà in casa, nell’aspersione del popolo che avviene il sabato santo. Le violette colorate e “su sempre biu” sembrano quasi comunicare con sicurezza il bagliore della resurrezione, la festa che sarà il giorno di Pasqua.

Finita la predica ed eseguiti alcuni canti tradizionali si da inizio alla processione del Cristo morto: avanti la Croce e le scale, dietro le due confraternite con la Croce nera senza Cristo avvolta in una fascia bianca, ai lati due “lampiones”. “Sa leterna” è portata a spalla da due confratelli di S.Croce e due del S.S.Rosario, ai lati altri due lampioni, segue la B.V. addolorata coperta da un velo nero. Sul suo capo la corona di spine, ai suoi piedi i chiodi e le tenaglie; “sas priorissas” con due ceri la accompagnano nel suo viaggio verso il sepolcro. Tutti i confratelli, in segno di lutto, portano il cappuccio.

La processione si svolgeva, un tempo, eseguendo delle soste nelle piazze più importanti del paese in cui risuonano i canti in sardo molto suggestivi: “sette ispadas”, “Miserere”, “Nade Signora…” etc.. Queste lodi sono abbastanza diffuse in tutta la Sardergna anche se variano nel tono da località a località.

Altri canti sono tipici di Suni, di essi si è persa la melodia tanto che negli anni ‘30-‘40 questi venivano recitati e non più cantati. Ne riportiamo due che una anziana consorella del paese ancora ricorda:

 

In s’oltu de Gesummaria

b’han fattu oratzione

soldados de cumpagnia

los portian che ladrones

issu fu’ su Redentore

ca fu’ fizzu ‘e Maria

sas trumbittas s’intendiana

in sa Zittade sonende

sos chelòos trimulende

sas roccas iscaltadas

s’aria s’est ghisada

Pilatos cun sa sentenzia

confromma a s’innossenzia

po’nde li segare sos coddos

pro faghet chimbe soddos

pro faghet trinta inaris

accudide tottu paris

Maria cun Maddalena

totta sa Rughe piena

de sambene istruidu

de sambene ‘e corpus Santu

issu pariada un ispantu

un ispantu pariada

in s’oltu de Gesumaria.”

 

 

“Assuffisciu assuffisciu

mortu ana a Gesù Cristu

a Gesù cristu ana mortu

pianghidelu tottu

all’azzuade a pianghede

cun lagrimas de sambene

cun lagrimas a pischina

a battide meighina

meighina ‘e argentu

a unghet s’apposentu

s’apposentu mazzore

sa mama ‘e Salbadore

sa mama ‘e Gesù Cristu

assuffusciu assuffisciu.”

 La processione termina nella chiesa di S. Pancrazio che funge da sepolcro. I fedeli si accostano al suono d’altri canti al bacio del Cristo dopo di ché l’assemblea si scioglie. Gesù morto resterà deposto per tutto il sabato per la preghiera dei fedeli.

 

 

SABATO SANTO:

 

Questo giorno è dedicato al silenzio, alla preghiera e alla meditazione innanzi al sepolcro di Cristo. La sera i confratelli, in forma privata, tolgono i fiori da “sa leterna” e li preparano per la consegna al popolo che avverrà l’indomani.

A tarda sera si celebra la veglia Pasquale durante la quale il sacerdote benedice l’acqua e il fuoco, asperge i fedeli con l’acqua benedetta (l’aspersione avviene con dei rametti di issopo) e annuncia la risurrezione di Gesù.

 

DOMENICA DI PASQUA:S’INCONTRU

 

Cristo è risorto! La gioia raggiunge il suo apice con la processione de “s’incontru” (dallo spagnolo “encuentro”).

I fedeli, la mattina, accorrono alla chiesa di S. Pancrazio, dove si trova il Cristo risorto, per prendere un mazzetto di fiori de “sa leterna”. Avere questi fiori benedetti è molto importante per gli abitanti del paese che giungono in gran numero. Qui il sacro e il profano si uniscono, infatti essi diventano una sorta di amuleto da conservare nei luoghi di lavoro e nelle abitazioni.

 I confratelli si dividono l’issopo benedetto ( quello della croce del lavabo) e ne preparano alcuni mazzetti per i pastori e le persone che lo richiedono pare, infatti, che anche conservare questa pianta sia di buon auspicio.    

Alle 10,30 partono le due processioni: una da S. Pancrazio con “su Salbadore” e una dalla parrocchia con la Madonna ancora in lutto.

L’incontro avviene nel crocicchio al centro del paese: si incontrano prima le confraternite compiendo i tre inchini rituali, poi il Cristo e la B. Vergine a cui, al canto del “Regina coeli”, viene tolto il velo nero. La processione,. con avanti la confraternita di S. Croce e poi quella del S.S. Rosario, quindi il Risorto e la Madonna, si reca in Parrocchia dove ha luogo la S. Messa della risurrezione del Signore.

  

 CANTI TRADIZIONALI

 

“SETTE ISPADAS”

 Pro fizu meu ispiradu

A manos de su rigore

Sette ispadas de dolore

Su coro man trapassadu.

 

Truncadu porto su coro;

Su pettus porto frecciadu,

De pustis chi m’han leadu

Su riccu meu tesoro;

Cun tanta pena chi ignoro

Comente mi est faltadu.

              Sette ispadas de dolore

              Su coro m’han trapassadu.

 

Oh vida mia accabada

In sa mazzus pizzinnia!

Oh cun tegus eo cheria

Morrere crucifissada!

Si no a mie sa lanzada

M’abberzesit su costadu.

            Sette ispadas de dolore

           Su coro m’han trapassadu.

 

Giudeos pro amore ‘e Deus,

In custa fatale die

Incravade puru a mie

A lados de fizzu meu,

Su corpus mirat s’ebreu,

S’anima no hat incravadu.

              Sette ispadas de dolore

              Su coro m’han trapassadu.

 

Sette crudeles feridas,

Settes freccias penetrantes

Daiant mortes bastantes

A innumerabiles vidas,

Mirandelas tottu unidas

In custu coro ligadu.

             Sette ispadas de dolore

             Su coro m’han trapassadu.

 

Cumpridu azzis su desizzu

De lu ider già defuntu,

Proite totu in unu puntu

No bocchides Mama e Fizu.

Pro mi dare pius fastizu

Bia già m’azzis lassadu.

             Sette ispadas de dolore

             Su coro m’han trapassadu.

 

Già chi est mortu Fizu meu

Accabade puru a mie,

E morza in d’unu die

Cun cuddu fizzu de Deus;

Crudele e duru Giudeu,

E cantu ses ostinadu

            Sette ispadas de dolore

           Su coro m’han trapassadu.

 

(…)

 

Niunu pianghede su Fizu

Si non s’affligida mama,

Ispettende custa palma

De su Celeste consizu,

Piango sola cun fastizu

Custu turmentu subradu.

          Sette ispadas de dolore,

         Su coro m’han trapassadu.

 

Pro fizu meu ispiradu

A manos de su rigore

Sette ispadas de dolore

Su coro m’han trapassadu.

 

 

NON MI GIAMEDAS MARIA

 

Sende mortu cun rigore

Su fizzu ‘e s’anima mia;

 

Non mi giamedas Maria

Si non mama ‘e dolore.

 

Giamademi s’attristada

Giamademi s’affrigida

 

Sa de dolos carrigada

Sa de penas consumida

 

Non mi giamedas Maria.

 

 

 

SU PERDONU

 

Perdonu Deus meu

Cunfesso appo peccadu

Cuntritu e umiliadu

Pedo piedade.

 

Eterna bonidade

Soberana clemenzia

A sa bostra presenzia

Sa culpa abburro.

 

Umile a sos pes curro

Miseru peccadore

Cun sinzeru dolore

E pianghende.

 

Ca so iculpadu nende

Meda bos appo offesu

Lu tenzo a grave pesu

O Deus meu.

 

 

 

STABAT MATER

 

Stabat Mater dolorosa

iuxta crucem lacrimosa

dum pendebat filius.

 

Oh quam tristis et afflicta

Fuit illa benedicta

Mater Unigeniti.

 

 MISERERE (SALMO 50)

 

Miserere mei, Deus,

secundum magnam misericordiam tuam.

Et secundum moltitudinem miserationum tuarum,

dele iniquitatem meam.

 

Amplius lava me ab iniquitate mea:

et a peccato meo munda me.

Quoniam iniquitatem meam ego cognosco:

et peccatum meum contra me est semper.

 

Tibi soli peccavi, et malum coram te feci:

ut iustificeris in sermonibus tuis, et vincas cum iudicaris.

Ecce enim in iniquitatibus conceptus sum:

et in peccatis concepit me mater mea

 

Ecce enim veritatem dilexisti:

incerta et occulta sapientiae tuae manifestasti mihi.

Asperges me hyssopo, et mundabor:

lavabis me, et super nivem dealbabor

.

Auditui meo dabis gauduim et laetitiam:

et exultabunt ossa humiliata.

Averte faciem tuam a peccatis meis,

et omnes iniquitates meas dele.

 

Cor mundum crea in me, Deus:

spiritum rectum innova in visceribus meis.

Ne proiicias me a facie tua

et spiritum sanctum tuum ne auferas a me.

Redde mihi laetitiam salutaris tui:

et spiritu principali confirma me.

Docebo iniquos vias tuas:

et impii ad te convertentur.

 

Libera me de sanguinibus, Deus, Deus salutis meae:

et exultabit lingua mea iustitiam tuam.

Quoniam si voluisses, sacrificium dedissem utique:

holocaustis non delectaberis.

 

Sacrificium Deo spiritus contribulatus:

cor conntritum, et humiliatum, Deus, non despicies.

Benigne fac, Domine, in bona voluntate tua Sion:

ut aedificentur muri Jerusalem.

Tunc acceptabis sacrificium iustitiae, oblationes, et holocausta:

tunc imponent super altare tum vitulos. 

  

NADE SIGNORA…

  

Signore pruite ammantades

Sa cara bianca che nie

Nade Signora pro chie

Mantu nieddu portades.

 

Pro chi est custu corruttu

Pro chie est custu fastizu,

Bos hat mortu calchi fizu

O calchi persona e fruttu

Cussu dolu non est giutu

In totas custas edades

Nade Signora pro chie

Mantu nieddu portades.

 

Bos hant mortu pro ventura

Calchi fizzu in teracchia

Ch’est sa forte agonia

De un’umana criadara

Pro chi est cust’amargura

Chi sas pedras lastimades.

Nade Signora pro chie

Mantu nieddu portades.

 

  

DIALOGU DE MARIA CUN VERONICA

                  Canto per “sas chilcas”

  

MARIA:

 

Cun tristu mantu abbasciadu

Preguntat Maria su reu:

Nade si s’amadu meu

In custa ruga est passadu.

 

VERONICA:

 

Dama de supremu istadu

Non ch’at passadu nessunu

Solu nd’hat passadu unu

A morte sentenziadu.

 

MARIA:

 

Veronica mia amada

Gasie tengas sa gloria

Si est chi tenes memoria

A Maria s’attristada,

De sa prenda mia istimada

Tenes calchi recadu?

Nade si s’amadu meu

In custa ruga est passadu.

 

VERONICA:

 

Carrigadu de cadenas

Unu nd’hat passadu inoghe,

Senz’alenu e senza oghe,

Pro sos tormentos e penas

Sa cara de samben piena

E su corpus insanbenadu.

Solu nd’hat passadu unu

A morte sentenziadu.

 

MARIA:

 

Veronica mia mada

Cussu non est fizzu meu

Chi dat a tottu recreu

Cun sas lughes de sa cara

Cun bellesa tantu rara

E corpus bene aggiustadu.

Nade si s’amadu meu

In custa ruga est passadu.

 

VERONICA:

 

Est sentenziadu a morte

De s’iniquu presidente,

Lu connoschet innozente,

Pilatu intra sa corte

Azzettat sa trista sorte

Morrer in rughe incravadu.

Solu nd’hat passadu unu

A morte sentenziadu.

 

 

 

 

 

 

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